L’intervento del governo italiano per bloccare l’ops di UniCredit su Banco Bpm ha di fatto favorito l’ascesa di Crédit Agricole, oggi primo azionista con il 19% e già pronto a salire al 29% del capitale. È quanto emerge da un’analisi del Centro studi di Unimpresa dopo la rinuncia del gruppo di Piazza Gae Aulenti a salire in Piazza Meda, secondo cui la decisione – determinata dalle condizioni imposte con il golden power – ha chiuso la porta a una possibile aggregazione tra soggetti bancari italiani, lasciando invece campo libero a un operatore estero.

Nonostante Crédit Agricole abbia ribadito di non voler assumere il controllo né poteri di governance, una partecipazione prossima al 30% implica una potenziale influenza significativa su scelte strategiche e assetti futuri. Il decreto del governo Meloni che ha imposto limiti all’operazione UniCredit prevedeva, tra le altre prescrizioni, il mantenimento degli impieghi alle imprese italiane e la conservazione dei Btp nei portafogli di Anima Holding, controllata da Banco Bpm. Resta ora da capire se tali condizioni saranno richieste o applicate anche in presenza di un azionista straniero rafforzato, e quali saranno gli effetti in termini di governance bancaria e stabilità del sistema. Frattanto, si moltiplicano le ipotesi su una possibile nuova mossa di Crédit Agricole: secondo fonti di mercato, non è esclusa un’iniziativa già nelle prossime ore.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, il ritiro formale dell’offerta pubblica di scambio (Ops) da parte di UniCredit su Banco Bpm, motivato dalle condizioni poste dal governo italiano tramite l’esercizio del golden power, modifica in modo sostanziale gli equilibri nel sistema bancario nazionale e lascia campo libero all’avanzata di Crédit Agricole. Il gruppo francese, già primo azionista di Banco Bpm con una quota del 19%, ha comunicato di aver richiesto alla Bce l’autorizzazione a salire fino al 29%, rafforzando così ulteriormente la propria presenza all’interno dell’azionariato. L’intervento dell’esecutivo, volto a tutelare l’interesse nazionale, ha di fatto ostacolato l’ipotesi di un’integrazione tra due primari operatori italiani, potenzialmente in grado di dar vita a un secondo polo bancario nazionale, con assetti di governance e strategia radicati nel territorio. Al contrario, la progressiva crescita della partecipazione di Crédit Agricole apre la strada a un consolidamento bancario di segno opposto, in cui uno dei principali operatori esteri sul mercato italiano si trova ora in posizione di forza. È importante evidenziare che Crédit Agricole ha ribadito di non avere intenzione di esercitare un controllo diretto su Banco Bpm, né di assumere poteri di governance. Tuttavia, una partecipazione prossima al 30% implica in ogni caso una capacità di influenza significativa, anche in assenza di un’Opa formale. Si tratta, peraltro, di un investimento rilevante – pari a circa 3 miliardi di euro – il cui peso strategico sarà valutabile concretamente nel momento in cui verrà rinnovato il consiglio di amministrazione della banca milanese.

La dinamica in atto comporta inoltre alcune implicazioni regolamentari e di vigilanza, in particolare rispetto alle condizioni imposte dal decreto con cui il governo ha esercitato il golden power contro l’iniziativa di UniCredit. Tra le prescrizioni figurano il mantenimento degli attuali livelli di esposizione in Btp da parte della controllata Anima Holding e l’invarianza degli impieghi a favore delle imprese italiane. Si tratta di elementi che richiederanno monitoraggio costante nel medio periodo, anche alla luce dell’eventuale evoluzione della compagine azionaria e degli assetti di controllo. Le prospettive di breve termine meritano attenzione. L’annuncio da parte di Crédit Agricole di voler incrementare la propria partecipazione ha alimentato tra gli operatori l’ipotesi che il gruppo francese possa valutare nuove operazioni di mercato, potenzialmente già nei prossimi giorni. Un eventuale consolidamento, seppur formalmente non orientato al controllo, potrebbe ridefinire gli equilibri competitivi del settore bancario italiano. L’intervento del governo italiano – concepito per evitare un’acquisizione ostile – ha avuto come effetto collaterale quello di ostacolare una potenziale operazione tra soggetti nazionali e, allo stesso tempo, facilitare il rafforzamento di un investitore estero già presente in modo strutturale sul mercato. Si apre così una fase in cui la composizione azionaria di Banco Bpm, e le sue implicazioni strategiche, torneranno al centro dell’attenzione del mercato e delle istituzioni.