Valorizzare l’agricoltura locale e porre le basi per l’autosufficienza alimentare dei Paesi poveri o emergenti, esportando un modello tutto italiano che si colloca all’opposto rispetto alle manovre speculative delle grandi multinazionali o dai fondi sovrani per accaparrarsi la terra e prendere il controllo delle risorse. E’ l’obiettivo dei progetti avviati da Coldiretti e Filiera Italia in Africa, presentati nel corso del Forum della Fao The Hand-in-Hand (HiH) Initiative Investment, con la partecipazione del presidente di Coldiretti Ettore Prandini e dell’amministratore delegato di Filiera Italia Luigi Scordamaglia.

Quello messo in campo è un modello non speculativo che consente di lasciare il prodotto ed il valore aggiunto che si produce sul mercato locale. Un modello non basato sull’acquisto di terra ma sulla valorizzazione delle terre locali attraverso trasferimento di tecnologia, know how, expertise di metodi di produzione agricola sostenibile di cui le aziende italiane e molti soci di filiera italia sono state of the art globali.

La proprietà della terra resta agli agricoltori locali che vengono formati per gestirla con una grande attenzione alle ricadute economiche e sociali sulle comunità locali. In questo modo può crescere l’autosufficienza alimentare di tali Paesi che rappresenta anche un importante elemento di stabilità geopolitica importante per l’area mediterranea ma non solo. Creare sviluppo offre un’alternativa reale rispetto all’emigrazione, che oggi rappresenta spesso l’unica alternativa ma che non è priva di pericoli e di problemi sociali, come evidenziato anche dal rapporto Caritas Migrantes.

Lo strumento privato fondamentale attraverso cui realizzare tali progetti è rappresentato da BF spa ed in particolare BF International società che ha già previsto di dedicare importanti risorse raccolte sul mercato in progetti di sviluppo agricolo prevalentemente in Paesi emergenti. Ma con una perfetta sinergia tra partner pubblici e privati e con la cooperazione. La caratteristica che contraddistingue questo tipo di progetti è che tutto il cibo coltivato viene destinato esclusivamente al fabbisogno alimentare delle popolazioni locali, contribuendo alla crescita di una filiera agroalimentare interna, escludendo dunque l’esportazione su altri mercati, a partire da quello italiano.

Tutte le iniziative partono dalle esigenze locali dei singoli Paesi, come l’Egitto, l’Algeria, l’Angola, il Congo che a seconda delle diverse situazioni avranno alla base model farms da 5 a 10.000 ettari anche con fasi di trasformazione (utilizzando l’enorme know how della trasformazione delle imprese italiane dei diversi settori dai cereali, al latte, alla carne… oppure valorizzando ampi territori incolti con tecnologie digitali avanzate, o di agricoltura rigenerativa, anche qui con aziende italiane state of the art o di smart irrigation, tecniche indispensabili anche per affrontare gli effetti del cambiamento climatico.

Come sottolineato nel documento congiunto con le organizzazioni agricole del G7 ad Ortigia, in questo modo si mettono al centro gli agricoltori, costruendo la filiera a partire dai loro bisogni, secondo una visione che parte dall’agricoltura familiare e crede nell’innovazione