I comportamenti di consumo dell’ortofrutta nel corso del lockdown sono cambiati con effetti che si risentiranno anche nella FASE 2. È quanto emerge dal focus sui consumi domestici di ortofrutta dell’osservatorio “THE WORLD AFTER LOCKDOWN” di Nomisma e CRIF, che analizza l’impatto della pandemia COVID-19 sulle vite dei cittadini, grazie al coinvolgimento di un campione di 1.000 italiani responsabili degli acquisti (18-65 anni).

 

Durante il lockdown sono cresciuti i consumi domestici di ortofrutta, ma anche i prezzi

La forzata permanenza degli italiani fra le mura domestiche nelle lunghe settimane del lockdown ha spinto il consumo di frutta e verdura fresca e trasformata. Un italiano su due ha infatti modificato gli acquisti in questo periodo, con un forte aumento delle quantità consumate (circa un italiano su tre) – mentre sul fronte opposto solo il 15% dichiara di aver diminuito i consumi.

Le dinamiche dei consumi di ortofrutta riflettono quanto accade all’intero paniere alimentare, in aumento per il 23% delle famiglie, mentre si assiste ad un calo diffuso per le spese rimandabili quali abbigliamento (38% delle famiglie ha ridotto gli acquisti) e arredamento (35%).

L’incomprimibilità della spesa domestica per alimentare e bevande è un evidente effetto dell’incremento del numero di pasti at home, collegati alla pressoché totale chiusura del canale away from home e all’adozione dello smart-working. Per gli stessi motivi, oltre che per una generale ricerca per prodotti naturali e salutistici, le vendite di ortofrutta nella distribuzione modera hanno registrato un grande balzo durante il lockdown (+15,8% a valore la variazione 17/feb-26/apr 2020 rispetto allo stesso periodo 2019 – fonte Nielsen – la crescita 2020 nel periodo pre-Covid era stata invece del 3,3%).

La crescita è stata sostenuta soprattutto dalla frutta (+20,4% a valore) rispetto alla verdura (+13,4%). Un driver importante sono stati i valori salutistici associati al consumo di frutta – in particolare di quella ricca di vitamina C, come le arance e kiwi, ma anche delle mele, categorie che più di altre hanno dato impulso agli acquisti.

Tuttavia, se da un lato l’incremento a valore della spesa riflette i maggiori acquisti in quantità e la ridefinizione del mix dei prodotti ortofrutticoli infilati nel carrello, dall’altro indica l’effetto di un incremento dei prezzi, percepito da ben il 69% dei responsabili acquisti delle famiglie.

Anche l’ortofrutta fresca conquista il canale on line

La percezione della crescita dei prezzi riflette anche la rimodulazione degli acquisti per canale. La spesa è cresciuta in tutti i punti vendita, ma durante il lockdown gli italiani hanno fatto maggior ricorso rispetto al pre-Covid ai negozi di vicinato e ai piccoli supermercati di prossimità. I comportamenti adottati per evitare il rischio di contagio in caso di assembramenti (limitazioni nel movimento e impossibilità di spostamenti in comuni diversi, predilezione di punti vendita meno affollati, pianificazione della spesa, ecc.) hanno portato non solo ad un diradamento della frequenza della spesa, ma anche alla preferenza di punti vendita prossimi alle abitazioni, soprattutto in quelli che hanno introdotto servizi quali click & collect, ordini telefonici, via WhatsApp o tramite sito internet (il 16% delle famiglie ha fruito del food delivery).

L’esigenza per la componente di servizio ha superato in molti casi la più “consolidata” preferenza di selezione diretta dell’ortofrutta.

E sulla scia di questo comportamento si è anche affermato l’acquisto di frutta e verdura on line. Una famiglia su 4 infatti ha acquistato ortofrutta tramite i siti web delle insegne della distribuzione organizzata, con una domanda potenziale ancora maggiore e non soddisfatta a causa di una forte intensità delle richieste (durante il lockdown il 16% ha provato a piazzare un ordine senza successo). Per l’ortofrutta il canale on line non si esaurisce con la GDO: un ulteriore 15% ha fatto un acquisto nei siti di produttori/mercati agricoli on line.

Queste tendenze, embrionali prima del lockdown, potrebbero diventare abitudini consolidate nel post-lockdown.

 

IV gamma e time-saver in sordina nel lockdown, corrono i freschi

Frutta e verdure fresche sono state le protagoniste sulla tavola degli italiani nelle settimane trascorse in casa. Complice il maggiore tempo a disposizione e una rinnovata attenzione alla buona cucina, i maggiori acquisti hanno riguardato queste referenze, cui si sono affiancati anche i surgelati (presenti durante il lockdown in almeno una occasione nel carrello degli acquisti del 90% degli italiani – +30% a valore nelle vendite della GDO nel mese di marzo), che grazie alla lunga conservazione hanno consentito di garantire la necessità di fare “scorta”.

All’opposto i prodotti time-saver e ready to eat, come gli ortaggi confezionati e già pronti all’uso in cucina e le zuppe e minestre pronte da scaldare, hanno avuto una lieve battuta d’arresto. Nelle prossime settimane è atteso un riequilibrio, ma fintanto che le misure di salvaguardia della salute degli italiani saranno alte (prosecuzione della chiusura delle scuole, uso diffuso dello smart-working, ecc.) e alcune attività procederanno a ritmo ridotto, gli effetti sulla composizione del paniere di spesa dell’ortofrutta continueranno a farsi sentire.

 

Italianità primo attributo guida degli acquisti di ortofrutta anche nel post-lockdown

Che eredità ha lasciato il lockdown agli italiani?

In uno scenario nel quale la pandemia non è stata ancora battuta, ma solo regimata, affiorano nuovi valori per i consumatori di ortofrutta, che rappresentano un’amplificazione di tendenze che erano già presenti. Quello che è cambiato è l’ordine di priorità.

Il maggiore interesse per la salute e il benessere, unito al forte interesse per l’italianità che riflette sia sicurezza che forte senso di solidarietà verso il nostro paese, saranno i principali attributi che guideranno le scelte dell’ortofrutta nei prossimi 6 mesi.

L’origine 100% italiana del prodotto sarà l’elemento chiave delle scelte degli italiani: il 60% dei responsabili acquisti dichiara, infatti, che questo criterio – già rilevante in passato – sarà ancora più centrale; a conferma è elevata anche l’importanza attribuita ai prodotti a km zero o del territorio (45%). Grande interesse si concentra anche nella ricerca di adeguate garanzie relativamente al controllo ed alla rintracciabilità lungo la filiera (45%). Tra gli altri valori determinanti i prodotti biologici (34%) e salutistici (32%), con un occhio anche alla sostenibilità, grazie alle confezioni in materiali riciclabili o comunque ecosostenibili (30%).

I consumatori di frutta e verdura, infine, faranno anche molta attenzione alla convenienza e al prezzo (42%), visto lo scenario di difficile congiuntura economica, che determinerà sempre più un forte ridimensionamento dei redditi e quindi della capacità di spesa degli italiani.