Nel periodo 2015-2017 soltanto il 3,3% delle medie e grandi imprese ha trasferito all’estero attività o funzioni svolte in Italia, contro il 13,4% del periodo 2001 – 2006. Analogo trend in Europa.

Tra le imprese che hanno delocalizzato, il 69,3% ha trasferito all’estero attività o funzioni di supporto dell’attività principale, il 43,4% l’attività principale.

Riduzione della pressione fiscale (84,5% delle imprese), politiche per il mercato del lavoro (79%) e incentivi per Innovazione, Ricerca e Sviluppo (70,9%) sono tra i fattori indicati da medie e grandi imprese per scegliere di riportare in Italia attività o funzioni svolte all’estero.

Nel periodo 2015-2017, circa 700 imprese -pari al 3,3% delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi-hanno trasferito all’estero attività o funzioni aziendali precedentemente svolte in Italia.

Tale percentuale è nettamente inferiore a quella registrata nella precedente indagine (riferita al periodo 2001-2006)quando era pari al 13,4%.

La tendenza al ridimensionamento del fenomeno è confermata a livello europeo.

Infatti la percentuale di imprese dell’Ueche trasferiscono oltre i confini nazionali attività o funzioni aziendali è passata dal 16,0% del 2001-2006 al 3,0% del 2015 –2017.

L’internazionalizzazione ha interessato più diffusamente le imprese industriali(4,2%) rispetto a quelle operanti nel settore dei servizi (2,3%).

In particolare, nel settore manifatturiero sono le industrie ad alta e medio-alta tecnologia a trasferire all’estero, con percentuali pari rispettivamente all’8,5% e al 6,6%.La dimensione aziendalee l’appartenenza a gruppi di impresa rappresentanofattori importanti per tale scelta.

Delocalizza all’estero il 5,6,% delle grandi impresecontro il 2,9% delle medieeil 4,6% delle imprese appartenenti a gruppi contro lo 0,6% delle imprese indipendenti.

Costo del lavoro tra le motivazioni principali della delocalizzazione all’esteroTra le imprese che hanno delocalizzato all’estero,il 69,3%ha trasferito attività o funzioni di supporto dell’attività principale, il 43,4% l’attività principale.

Le funzioni più rilevanti trasferite all’estero sono i servizi amministrativi, contabili e gestionali(37,4%),il marketing, le vendite e i servizi post-vendita, inclusi i centri assistenza e i call center(21,2%) e i servizi informatici e di telecomunicazione (10,2%).

I fattori che più incidono sulla scelta di trasferire all’estero attività o funzioni aziendali sono la riduzione del costo del lavoro (fattore considerato “abbastanza importante” o “molto importante” dal 62,2% delle imprese), la riduzione di altri costi d’impresa(48,8%) e la necessità diconcentrare in Italia le attività strategichedi “core business” (40,2%).

La riduzione deicosti incide in modo significativo nelle scelte delle imprese industrialiper il trasferimento all’estero.

In particolare le industrie manifatturiere ad alta tecnologia ritengono fondamentale la riduzione del costo del lavoro(81,4%) e la riduzione degli altri costi d’impresa (67,7%). Nei servizi,in particolarenelle imprese attive nelle attività professionali scientifiche e tecniche è ritenuto importante l’aumento della qualità e lo sviluppo di nuovi prodotti (47,1%).

I principali fattori di ostacolo all’internazionalizzazione indicati come “molto importante” o “abbastanza importante” da oltre il 30%delle imprese internazionalizzate riguardano la difficoltà a trasferire personale all’estero.

Seguono gli ostacoli legali o amministrativi (29,7%) e la necessità di operare a stretto contatto con i clienti(29,2%).

Il 59,6% dei trasferimenti all’estero risulta indirizzato verso paesi dell’Ue28 e riguarda soprattuttole funzioni di supporto all’attività principale.

Nell’ambito deipaesi extra-europei, quote significative di trasferimenti sono orientate verso l’India (8,7%), gli Stati Uniti e il Canada(5,7%) e la Cina (5,6%).

Differenziando le imprese industriali da quelle attive nei servizi si sottolinea per le prime la destinazione cinese per l’attività principale di produzione di merci (10,4%) e, per le seconde, quella indiana per le funzioni aziendali di supporto come i servizi informatici e di telecomunicazione (36,3%) e le attività di ricerca e sviluppo (20,3%).

Soprattutto le grandi imprese interessate alla delocalizzazione in Italia

Nello stesso periodo, oltre 1.000imprese (pari al 5,0% delle grandi e medie imprese industriali e dei servizi) hanno trasferito in Italia attività o funzioni aziendali precedentemente svolte all’interno dell’impresa.

Anche in questo caso, come per l’internazionalizzazione, sono maggiormente le grandi imprese (7,4%) e le imprese appartenenti a gruppi (5,8%) a trasferire attività al di fuori dell’impresa stessa.

Nell’industria, il 55,4% delle imprese dichiara di aver delocalizzato l’attività principale e il 64,5% le attività di supporto; percentuali che sono rispettivamente pari a 35,7% e 97,3% nei servizi.

Determinante lapolitica economica per il rientro in Italia della produzioneSolo lo 0,9% delle imprese ha dichiarato di aver trasferitoin Italia, nel triennio 2015-2017, attività precedentemente svolte all’estero.

Potrebbero influenzare in modo determinante il trasferimento in Italia di funzioni svolte all’estero, nel periodo 2018-2020, la riduzione della pressione fiscale (l’84,5% delle imprese), politiche per il mercato del lavoro (79%), politiche di offerta localizzativa (75,5%)e incentivi per l’innovazione, Ricerca e Sviluppo (70,9%).

Sono altrettanto importanti, per le imprese industriali, finanziamenti per l’acquisto in macchinari (76,9%), e per le imprese attive nei servizi politiche per l’offerta di lavoro qualificato, ad esempio technology skilled workers.