Nel 2018, si stima siano oltre 1,8 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale).

Pur rimanendo ai livelli massimi dal 2005, si arresta dopo tre anni la crescita del numero e della quota di famiglie in povertà assoluta.

Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2018 sono poco più di 3 milioni (11,8%), quasi 9 milioni di persone (15,0% del totale).

Nel Mezzogiorno e nelle aree metropolitane più famiglie e individui poveri

Nel 2018, si stimano oltre 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta (con un’incidenza pari al 7,0%), per un totale di 5 milioni di individui (incidenza pari all’8,4%).

Non si rilevano variazioni significative rispetto al 2017 nonostante il quadro di diminuzione della spesa complessiva delle famiglie in termini reali.

In gran parte questo si deve al fatto che soltanto le famiglie con minore capacità di spesa (a maggiore rischio di povertà) mostrano una tenuta dei propri livelli di spesa, con un conseguente miglioramento in termini relativi rispetto alle altre1.

Al netto dell’inflazione registrata nel 2018 (in media nazionale pari a +1,2%), utilizzando, quindi, gli indici 2017 di prezzo nel calcolo delle soglie, l’incidenza complessiva in termini di famiglie sarebbe stata pari a 6,8%. L’intensità della povertà, cioè quanto la spesa mensile delle famiglie povere è mediamente sotto la linea di povertà in termini percentuali, ovvero “quanto poveri sono i poveri”, si attesta nel 2018 al 19,4% (era il 20,4% nel 2017), da un minimo del 18,0% nel Centro a un massimo del 20,8% al Sud.

L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma notevolmente superiore nel Mezzogiorno (9,6% nel Sud e 10,8% nelle Isole) rispetto alle altre ripartizioni (6,1% nel Nord-Ovest e 5,3% nel Nord-est e del Centro).

Analogamente agli anni passati, questo fa sì che, sebbene la quota di famiglie che risiede nel Nord sia maggiore di quella del Mezzogiorno (47,7% rispetto a 31,7%), anche nel 2018 il maggior numero di famiglie povere è presente in quest’ultima ripartizione (45,1% contro 39,3% del Nord).

Nel Centro si trova il restante 15,6% di famiglie povere.

Anche in termini di individui, il maggior numero di poveri (oltre due milioni e 350mila, di cui due terzi nel Sud e un terzo nelle Isole) risiede nelle regioni del Mezzogiorno (46,7%), il 37,6% nelle regioni del Nord, circa 1 milione e 900mila individui (il 22,7% nel Nord-ovest e il 14,8% nel Nord-est).

L’incidenza di povertà individuale è pari a 11,1% nel Sud, 12,0% nelle Isole, mentre nel Nord e nel Centro è molto più bassa e pari a 6,9% e 6,6% (nel Nord-ovest 7,2%, nel Nord-est 6,5%).

Rispetto al 2017 rimangono stabili i valori delle incidenze a livello nazionale per tipologia comunale di residenza delle famiglie. Al Nord i comuni centro delle aree metropolitane presentano incidenze di povertà (7,0%) maggiori rispetto ai comuni periferici delle aree metropolitane e ai comuni sopra i 50mila abitanti (5,4%) e ai restanti comuni più piccoli (5,7%).

Al Centro, invece, i comuni centro di aree metropolitane presentano l’incidenza minore (3,5% di famiglie povere contro 5,6% dei comuni periferici delle aree metropolitane e comuni sopra i 50mila abitanti e 6,4% dei comuni più piccoli).

Anche il confronto per tipologia comunale evidenzia lo svantaggio del Sud e delle Isole: l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta nei comuni centro di aree metropolitane è pari al 13,6% valore che raggiunge il 15,7% nel solo Sud.

Presenta quindi un andamento decrescente all’aumentare dell’età della persona di riferimento: le famiglie di giovani, infatti, hanno generalmente minori capacità di spesa poiché dispongono di redditi mediamente più contenuti e hanno minori risparmi accumulati nel corso della vita o beni ereditati. La povertà assoluta riguarda quindi il 10,4% delle famiglie in cui la persona di riferimento ha un’età compresa tra 18 e 34 anni, il 4,7% se la persona di riferimento ha oltre 64 anni.

Istruzione e livelli occupazionali migliori proteggono le famiglie dalla povertà
La diffusione della povertà diminuisce al crescere del titolo di studio. Se la persona di riferimento ha conseguito un titolo almeno di scuola secondaria superiore l’incidenza è pari al 3,8%, si attesta su valori attorno al 10,0% se ha al massimo la licenza di scuola media.

Associata al titolo di studio è la condizione professionale e la posizione nella professione della persona di riferimento: se dirigente, quadro o impiegato, la famiglia è meno a rischio di povertà assoluta, con l’incidenza che si attesta intorno all’1,5%.

Se la persona di riferimento è operaio o assimilato, la povertà riguarda il 12,3% delle famiglie. Tra le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione questa quota sale al 27,6%.

Quasi 1,3 milioni i minori in povertà assoluta
Nel 2018, la povertà assoluta in Italia colpisce 1.260.000 minori (12,6% rispetto all’8,4% degli individui a livello nazionale). L’incidenza varia da un minimo del 10,1% nel Centro fino a un massimo del 15,7% nel Mezzogiorno; rispetto al 2017, si registra una sostanziale stabilità.

Disaggregando per età, l’incidenza presenta i valori più elevati nelle classi 7-13 anni (13,4%) e 14-17 anni (12,9%) rispetto alle classi 0-3 anni e 4-6 anni (11,5% circa).
Le famiglie con minori in povertà assoluta sono oltre 725mila, con un’incidenza dell’11,3% (oltre quattro punti più alta del 7,0% medio nazionale).

La maggiore criticità per le famiglie con minori emerge non solo in termini di incidenza, ma anche di intensità della povertà: questa è, infatti, al 20,8% (rispetto al 19,4% del dato nazionale). Le famiglie con minori sono quindi più spesso povere, e se povere, lo sono più delle altre.

L’incidenza della povertà tra le famiglie con minori è fortemente variabile a seconda della condizione lavorativa e della posizione nella professione della persona di riferimento: 8,8% nelle famiglie in cui la persona di riferimento è occupata e 22,5% quando non occupata. Se la persona di riferimento è operaio l’incidenza arriva al 16,3%, se è in cerca di occupazione raggiunge il 28,5%.

L’incidenza di povertà assoluta per le famiglie con minori presenta maggiori segnali di disagio nelle aree metropolitane, sia nei comuni centro dell’area (13,3%) sia nei comuni delle periferie e nei comuni oltre i 50 mila abitanti (13,0%); nei piccoli comuni si ferma, invece, al 9,9%.

La cittadinanza delle famiglie con minori ha un ruolo importante sulla condizione di povertà: la povertà assoluta per le famiglie di soli italiani con minori è, infatti, pari al 7,7%, mentre interessa quasi una famiglia ogni tre in quelle composte da soli stranieri con minori (31,0%).
Rispetto alla tipologia familiare, l’incidenza di povertà assoluta aumenta al crescere del numero di minori presenti in famiglia (6,5% per le coppie con un figlio, 10,1% per quelle con due figli e 17,2% per le coppie con tre o più figli), ed è elevata tra le famiglie monogenitore (16,8%) e per le tipologie in cui spesso convivono più nuclei familiari (20,1%). Le famiglie monogenitore sono le uniche a far registrare una crescita significativa rispetto al 2017 (quando l’incidenza era l’11,8%).
La distribuzione delle famiglie povere con minori differisce dalla distribuzione del totale delle famiglie con minori. Nel sottoinsieme delle povere, le coppie con due figli sono le più diffuse ma con una quota più bassa del totale delle famiglie con minori (36,2% contro 40,4%), seguite dalle coppie con tre o più figli (17,9% rispetto all’11,7% del totale) e dalle coppie con 1 figlio (17,6% contro 30,3%); i monogenitori e le altre famiglie in cui convivono più nuclei familiari rappresentano, rispettivamente, il 15,5% delle famiglie povere (10,4% sul totale delle famiglie con minori) e il 12,9% (7,2% sul totale delle famiglie con minori).

Le famiglie monogenitore in povertà assoluta in Italia sono oltre 236 mila; quelle con minori circa 112 mila.

Oltre il 60% delle famiglie povere di monogenitori con minori ha un solo figlio minorenne. Tuttavia, l’incidenza registra valori più elevati fra quelle con due minori (17,8%) rispetto al 15,5% delle famiglie con un minore.

Si confermano le maggiori difficoltà per gli stranieri
Gli individui stranieri in povertà assoluta sono oltre un milione e 500mila, con una incidenza pari al 30,3% (tra gli italiani è il 6,4%).

Le famiglie in povertà assoluta sono composte nel 68,9% dei casi da famiglie di soli italiani (1 milione e 250mila) e per il restante 31,1% da famiglie con stranieri (567mila) mentre le famiglie di soli italiani rappresentano il 91,3% delle famiglie nel loro complesso contro l’8,7% delle famiglie con stranieri.

L’incidenza di povertà assoluta è pari al 25,1% per le famiglie con almeno uno straniero (27,8% per le famiglie composte esclusivamente da stranieri) e al 5,3% per le famiglie di soli italiani. La criticità per le famiglie con stranieri è maggiormente sentita nei comuni centro di area metropolitana, dove l’incidenza arriva al 26,2% (28,8% per le famiglie di soli stranieri).
Fra le ripartizioni, l’incidenza più elevata si registra nel Mezzogiorno, con quote di famiglie con stranieri in povertà circa quattro volte superiori a quelle delle famiglie di soli italiani (rispettivamente 32,3% e 8,9%).

Le famiglie in povertà con stranieri dove sono presenti minori presentano valori pari al 29,8% (oltre 300 mila), quelle di soli stranieri il 31,0%, valore quattro volte superiore a quello delle famiglie di soli italiani con minori (7,7%). Nel Mezzogiorno la stessa incidenza sale al 40,5% per le famiglie con stranieri dove sono presenti minori, contro il 12,4% delle famiglie di soli italiani

. È in povertà assoluta oltre la metà delle famiglie di soli stranieri in cui la persona di riferimento è in cerca di occupazione (51,5%, per un totale di oltre 66mila famiglie); se la persona di riferimento è occupata, la condizione di povertà raggiunge comunque una famiglia ogni quattro (25,5%).

In affitto quasi la metà delle famiglie povere
L’incidenza di povertà assoluta in Italia è molto differenziata a seconda del titolo di godimento dell’abitazione in cui si vive, con una situazione particolarmente critica per chi vive in affitto.
Le circa 850mila famiglie povere in affitto rappresentano quasi la metà (46,6%) di tutte le famiglie povere, a fronte di una quota di famiglie in affitto del 18,7% sul totale delle famiglie residenti.

Le famiglie affittuarie del Mezzogiorno sono in povertà assoluta nel 22,3% dei casi a fronte del 15,9% del Nord e del 14,9% del Centro. Tuttavia, tra le famiglie povere del Centro e del Nord quelle affittuarie sono più della metà del totale mentre nel Mezzogiorno sono il 37,8% (anche a causa di una minore presenza di affittuari tra le famiglie residenti).

Va tenuto presente che il titolo di godimento dell’abitazione è fortemente legato all’età della persona di riferimento, così come alla cittadinanza dei componenti. Infatti, le famiglie con persona di riferimento giovane (frequentemente con minori al loro interno) e quelle con stranieri scontano sia una minore capacità reddituale, sia una minore probabilità di avere accumulato risparmi o aver avuto accesso a beni ereditari, e quindi più frequentemente vivono in affitto.

La quota di affittuari nella popolazione nel complesso scende al crescere dell’età della persona di riferimento (dal 40,6% se è under 35 anni al 10,3% se invece ha 65 anni e più) e contestualmente aumenta la quota di proprietari (dal 42,9% all’82,3%). Inoltre, il 66,0% delle famiglie con stranieri vive in affitto e il 23,5% in casa di proprietà contro, rispettivamente, il 14,2% e il 76,5% delle famiglie di soli italiani.

Tra le famiglie con minori, l’incidenza della povertà assoluta è pari al 26,5% tra quelle in affitto, al 5,0% tra quelle proprietarie e al 15,4% tra le famiglie usufruttuarie o che hanno l’abitazione in uso gratuito.
L’affitto medio per le famiglie in povertà assoluta è pari a 307 euro mensili, oltre 100 euro meno dei 418 euro pagati dalle famiglie non in condizione di povertà. Tuttavia, poiché la spesa media mensile complessiva delle prime è molto più bassa di quella delle seconde (865 euro contro 2.065), la voce per l’affitto pesa per il 35,5% sul totale delle spese familiari quando si è poveri (37,5% sia nel Centro sia nel Nord, 31,5% nel Mezzogiorno) e il 20,3% quando non si è poveri.

Tra le famiglie che vivono in casa di proprietà, paga un mutuo il 16,1% di quelle in povertà assoluta rispetto al 19,4% delle famiglie non povere. Dal punto di vista economico e contabile, questa voce di bilancio è un investimento, e non rientra quindi nella spesa per consumi. Tuttavia, per le famiglie che la sostengono rappresenta un’uscita rilevante, e ciò può essere particolarmente gravoso per quelle che scendono sotto la soglia di povertà anche a causa di questo esborso che non può essere dedicato a spese per consumi. La rata media effettiva per le famiglie che pagano un mutuo è di 452 euro mensili per quelle povere e di 569 euro per le non povere.

 

POVERTA’ RELATIVA
Sempre alta l’incidenza ma il Mezzogiorno migliora
Le famiglie in condizioni di povertà relativa nel 2018 sono stimate pari a poco più di 3 milioni (11,8%), per un totale di individui di quasi 9 milioni (15,0%). Rispetto al 2017, il fenomeno si aggrava nel Nord (da 5,9% al 6,6%), in particolare nel Nord-est dove l’incidenza passa da 5,5% a 6,6%. Il Mezzogiorno, invece, presenta una dinamica opposta (24,7% nel 2017, 22,1% nel 2018), con una riduzione dell’incidenza sia nel Sud (da 24,1% a 22,3%) sia nelle Isole (da 25,9% a 21,6%).

A livello individuale, il lieve calo in media nazionale (da 15,6% a 15,0%) è sintesi di dinamiche contrastanti nelle ripartizioni (da 7,4% a 8,6% nel Nord-est; da 30,8% a 25,7% nelle Isole). Su scala territoriale, Calabria (30,6%), Campania (24,9%) e Sicilia (22,5%) si confermano le regioni con la maggiore incidenza.

L’intensità della povertà relativa si è attestata nel 2018 al 24,3%, sostanzialmente stabile rispetto al 24,1% del 2017, raggiungendo il valore più elevato nel Mezzogiorno (25,8%) e il più basso nel Centro (22,2%).

Si rileva un miglioramento per le famiglie di tre componenti (da 15,1% nel 2017 a 12,6% nel 2018), dovuto in larga parte alla riduzione dell’incidenza per le coppie con un figlio (da 14,2% a 11,1%). Tale evidenza è confermata per le ripartizioni del Centro (da 12,9% a 8,6%) e del Mezzogiorno (da 27,4% a 20,7%). Per le famiglie monogenitore, invece, il disagio cresce e l’incidenza di povertà relativa per l’Italia passa da 15,2% del 2017 a 18,8% del 2018.

Le famiglie con tre o più figli minori hanno una incidenza di povertà relativa quasi tre volte superiore a quella media nazionale (33,1% contro 11,8%); più basso, invece, il valore per le famiglie in cui sono presenti 2 o più anziani (10,6%).

Analogamente alla povertà assoluta, l’incidenza di povertà relativa per le famiglie con persona di riferimento in posizione di operaio e assimilato (18,9%) è la più alta fra gli occupati; tra le famiglie in cui la persona di riferimento è lavoratore indipendente in posizione diversa da imprenditore o libero professionista è pari al 9,2%, in riduzione rispetto al 2017 (11,6%). Si conferma il disagio per le famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (37,5%), in particolare nel Mezzogiorno (45,6%).

In questa ripartizione, si nota un miglioramento per le famiglie con persona di riferimento occupata (da 20,8 a 17,7%), lavoratore indipendente in posizione diversa da imprenditore o libero professionista (da 22,7 a 16,5%) e non occupata (27,8% a 25,6%).

A essere più colpite sono le famiglie nei piccoli comuni del Nord, tra le quali la povertà relativa passa da 5,7% a 7,2%, mentre migliora per quelli del Mezzogiorno, da 25,6% scende a 22,2%, anche se è ancora molto elevata.

L’incidenza di povertà relativa si diversifica a seconda della cittadinanza dei componenti familiari. Per le famiglie di soli italiani è al 10,0%, ma triplica per le famiglie con almeno uno straniero (30,0% e 31,7% per le famiglie di soli stranieri).

Nel confronto con le stime 2017, solamente nel Nord si registra una crescita dell’incidenza di povertà relativa per le famiglie di soli italiani (da 3,5% a 4,3%); nel Mezzogiorno si verifica una dinamica opposta, con le famiglie di soli italiani che passano da 23,5% a 20,8%.

Famiglie sicuramente povere, appena povere o quasi povere
La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la linea convenzionale di povertà relativa, può essere articolata ulteriormente tramite l’utilizzo di soglie aggiuntive, corrispondenti all’80%, al 90%, al 110% e al 120% di quella standard, che permettono di individuare gruppi di famiglie distinti in base alla distanza dalla linea di povertà.

Nel 2018 le famiglie “sicuramente” povere (che hanno livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di oltre il 20%) sono stabili al 6,2%, con valori più elevati nel Mezzogiorno (12,6%).

Quelle “appena” povere (ovvero con una spesa inferiore alla linea di non oltre 20%) sono il 5,5% delle famiglie residenti (6,1% nel 2017) e raggiungono il 9,5% nel Mezzogiorno (12,2% l’anno precedente); tra le “appena” povere, il 3,1% presenta livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà (inferiori di non oltre il 10%) percentuale che sale a 5,2% nel Mezzogiorno.

È invece “quasi povero” il 7,5% delle famiglie (spesa superiore alla linea di non oltre 20%) mentre il 3,5% ha valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre 10% (5,3% nel Mezzogiorno).

Le famiglie “sicuramente” non povere, infine, sono l’80,8% del totale (80,4% nel 2017), con valori pari a 88,1% nel Nord, 85,4% nel Centro e 66,7% nel Mezzogiorno.