Il valore aggiunto è prodotto per il 37,7% al Nord-ovest e il 25,4% nel Nord-est; seguono il Centro con il 20,5% e il Mezzogiorno con il 16,4%.

Nel 2017, Alessandria, Padova e Trieste entrano per la prima volta nelle prime 20 posizioni dei comuni capoluogo per produttività del lavoro, calcolata come valore aggiunto per addetto.

Il 5% dei comuni più grandi in termini di popolazione genera il 57,8% del valore aggiunto nazionale.

Nel 2017 la distribuzione territoriale del valore aggiunto generato dal complesso dell’economia resta sostanzialmente invariata rispetto all’anno precedente: il 37,7% proviene dal Nord-ovest e il 25,4% dal Nord-est; seguono il Centro con il 20,5% e il Mezzogiorno con il 16,4%. Rispetto al 2016 la crescita del valore aggiunto delle regioni del Nord ne ha determinato anche un aumento del peso percentuale: +0,2 punti per il Nord-ovest controbilanciato dal calo di 0,2 punti percentuali del Centro, dovuto in particolare alla minor crescita percentuale del valore aggiunto della regione Lazio.

In termini di macro settori, rispetto al 2016 l’industria perde peso nel Mezzogiorno (-0,3 punti percentuali) in favore del Nord-ovest (+0,3 punti), il comparto dei servizi acquista rilevanza economica nel Nord-est e nel Nord-ovest (entrambi +0,2 punto) mentre la riduce al Centro (-0,3).

A livello comunale l’asimmetria nella distribuzione del valore aggiunto si accentua: i comuni più grandi, al di sopra dei 24.000 abitanti e che costituiscono il 5% del totale dei comuni, racchiudono il 49,2% della popolazione residente, il 55,1% degli addetti e generano il 57,8% del valore aggiunto nazionale. Sono localizzati prevalentemente nei sistemi urbani, in particolare in quelli pluri-specializzati (15,3%), portuali (14,0%) e ad alta specializzazione (11,0%).

L’insieme costituito dal 5% dei comuni più grandi è localizzato principalmente nel Centro (8,1%) dove arrivano a generare tre quarti del valore aggiunto della ripartizione (74,8%), specialmente nel Lazio e in Toscana in cui l’89,3% e il 62,7% del valore aggiunto regionale è realizzato con il contributo dei sistemi urbani ad alta specializzazione e nei sistemi urbani pluri-specializzati.

Nel Mezzogiorno si trovano il 6,7% dei comuni più grandi che sviluppano quasi due terzi del valore aggiunto (63,4%), con punte in Puglia (73,5%), Sicilia (72,6%) e Campania (68,7%) nei sistemi urbani pluri-specializzati e prevalentemente portuali.
Nel Nord-ovest il 5% dei comuni più grandi genera oltre la metà del valore aggiunto (54,3%) in particolare in Liguria e Lombardia coprono rispettivamente il 69,9% e 53,8% del valore aggiunto, proveniente in larga parte dai sistemi urbani prevalentemente portuali e urbani ad alta specializzazione.

Infine nel Nord-est, dove si deve ai comuni più grandi meno della metà (45,6%) del valore aggiunto della ripartizione, spicca l’Emilia Romagna (57%) principalmente con il contributo dei sistemi urbani ad alta specializzazione.

Rispetto al 2016 il valore aggiunto nazionale delle imprese industriali e dei servizi cresce del 3,9% in termini nominali, un punto percentuale in meno rispetto all’anno precedente. A livello comunale il 45,3% dei comuni registra una crescita del valore aggiunto pari o superiore alla media nazionale. I comuni ad alta crescita di valore aggiunto costituiscono il 51% dei comuni del Nord-est, il 47,6% del Nord-ovest, il 45,3% del Centro e il 39,4% del Mezzogiorno.

Più di quattro comuni su 10 con produttività superiore alla media nazionale

Nel 2017 la produttività apparente del lavoro, misurata dal rapporto di valore aggiunto per addetto, è pari a circa 47mila euro su base nazionale. Il 42,2% dei comuni registra alta produttività, cioè una produttività superiore o uguale alla media nazionale.
Nel Nord-est i comuni ad alta produttività rappresentano il 72,8% del totale e caratterizzano principalmente i sistemi locali urbani, sia ad alta specializzazione che prevalentemente portuali, e i sistemi locali specializzati in pelle, cuoio e calzature.

All’opposto, nel Mezzogiorno i comuni ad elevata produttività rappresentano l’11,2% del totale e registrano il più ampio scostamento medio rispetto alla produttività della ripartizione (+23.892 euro); caratterizzano principalmente i sistemi locali specializzati nella petrolchimica e farmaceutica, produzione e lavorazione dei metalli e i sistemi urbani portuali. In posizione intermedia il Nord-ovest, dove i comuni ad alta produttività rappresentano oltre la metà della ripartizione (57,5%) e si concentrano in alcune realtà produttive come i sistemi locali del legno e mobili (qui sono la totalità dei comuni), e nei sistemi urbani ad alta specializzazione.

Al Centro, i comuni ad alta produttività rappresentano il 31,3% del totale e contraddistinguono i sistemi urbani plurispecializzati, i sistemi del legno e mobili e quelli dei gioielli, occhiali e strumenti musicali.

La produttività nel 2017 è cresciuta dell’1,2%, un punto percentuale in meno rispetto all’anno precedente. Il 48,2% dei comuni registra una crescita della produttività pari o superiore alla media nazionale, in particolare il 52,9% dei comuni nel Nord-est, il 51,2% nel Nord-ovest, il 49,5% nel Centro e il 41,6% nel Mezzogiorno.

Milano, Bolzano e Alessandria ai primi posti per produttività del lavoro

Anche per il 2017 nelle prime 20 posizioni in termini di valore aggiunto si attestano soltanto comuni capoluogo, ad eccezione di San Donato Milanese che risulta in 17esima posizione, guadagnando due posizioni rispetto all’anno precedente.

I comuni in classifica, che generano il 29,3% del valore aggiunto nazionale, restano sostanzialmente invariati rispetto al 2016 ma con inversioni di posto tra Bologna (sesta) e Firenze (settima), Modena (12esima) e Brescia (13esima), Bergamo (20esima) e Ravenna (21esima). Quest’ultima esce quindi dalla graduatoria mentre rientra Bergamo.
Milano e Roma si collocano largamente in testa alla classifica dei comuni capoluogo, prevalendo l’uno nei servizi e l’altro nell’industria: da soli, coprono il 15% del valore aggiunto nazionale. Seguono Torino e Genova con un valore aggiunto aggregato rispettivamente pari a 17,8 e 11,5 miliardi di euro e una crescita, rispettivamente, dell’11,2% e del 5,3%.

In termini di produttività apparente del lavoro, Milano e Bolzano si confermano al vertice della graduatoria dei comuni capoluogo, con un incremento rispetto all’anno precedente rispettivamente dello 0,6% e del 3,3%.

Nelle prime 20 posizioni per produttività del 2017 si registra l’ingresso dei comuni di Alessandria, Padova e Trieste (che entrano per la prima volta nella graduatoria) e l’uscita di Lodi, Ravenna e Brescia. Significative variazioni rispetto al 2016 spiegano l’ascesa di Cremona (quarta posizione), Genova (settima), Pisa (ottava), Torino (decima), Trento (11esima) e Venezia (18esima), e la discesa di Roma (da quarta a quinta), Monza, Siena, Verona, Brindisi, Parma, Bologna.

Sempre riguardo alla produttività apparente del lavoro, Maranello, in provincia di Modena, connotata dall’attività di fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi, ha una produttività apparente del lavoro pari a 167mila euro. Nel Mezzogiorno spicca il Comune di Sarroch, nella Città Metropolitana di Cagliari, in cui le attività economiche sono legate principalmente alla produzione di energia elettrica, raffinazione di petrolio e prodotti chimici, che registra un valore di 153mila euro.

Nel Nord-ovest emerge San Donato Milanese, in provincia di Milano, la cui economia è contraddistinta dalla filiera dell’estrazione di petrolio greggio, che registra un valore di 142mila euro. Nel Centro si distingue il comune di Porcari, in provincia di Lucca, con una produttività apparente del lavoro pari a quasi 83mila euro, concentrata nella fabbricazione della carta.

Manifattura high-tech in un comune su quattro

Le attività economiche svolte a livello comunale, classificate secondo il contenuto tecnologico della manifattura e l’intensità di conoscenza nei servizi, rivelano l’ampio divario di produttività mediana tra i comuni nella manifattura a basso e medio-basso contenuto tecnologico rispetto a quella ad elevato contenuto tecnologico.

La manifattura a medio-alto contenuto tecnologico, localizzata nel 64,3% dei comuni, registra il valore mediano di produttività apparente del lavoro più elevato, pari a circa 48.400 euro, con una medio-alta diffusione sul territorio (Figura 3). Il 10,6% di questi comuni è collocato nei sistemi locali urbani pluri-specializzati e il 9,0% in quelli di fabbricazione di macchine.

Segue la manifattura ad elevato contenuto tecnologico, con una produttività mediana pari a circa 48.000 euro che si distingue dagli altri segmenti tecnologici della manifattura per la maggiore variabilità nella distribuzione tra i comuni e per la minore diffusione sul territorio, risultando concentrata in solo un comune su quattro. L’11,8% di questi comuni è presente nei sistemi locali urbani pluri-specializzati, il 10,5% nei sistemi locali urbani ad alta specializzazione e il 10,0% in quelli della petrolchimica e farmaceutica.

La variabilità delle distribuzioni comunali dei servizi è ampiamente minore rispetto a quella della manifattura. Nei servizi ad alto contenuto di conoscenza la produttività mediana è pressoché omogenea ma c’è maggior variabilità nei servizi specializzati nell’alta tecnologia e in quelli finanziari rispetto ai servizi di mercato e agli altri servizi ad alta intensità di conoscenza. Proprio questi ultimi due settori presentano una diffusione territoriale molto elevata, risultando localizzati rispettivamente nel 96,0% e nel 93,5% dei comuni italiani, a fronte del 73,2% di comuni che operano nei servizi finanziari e del 70,0% nei servizi ad alta tecnologia.

Relativamente alle ultime due tipologie di servizi, l’incidenza maggiore si rileva nei sistemi locali urbani (sia in quelli pluri-specializzati sia in quelli non specializzati).
I comuni in cui si registra la presenza dei servizi a basso contenuto di conoscenza, largamente più diffusa sul territorio, mostrano infine una distribuzione meno variabile e si attestano attorno a livelli di produttività mediani di poco superiori ai 20.000 euro per addetto.

In Lombardia la quota maggiore di valore aggiunto prodotto da multinazionali.

Le unità locali di imprese appartenenti a gruppi multinazionali esteri rappresentano meno dell’1% delle unità locali del Paese e generano il 15,3% del valore aggiunto nazionale. Oltre la metà sono concentrate in Lombardia e nel Lazio e assorbono oltre un quinto del valore aggiunto delle rispettive economie regionali.

Più contenuto il ruolo delle multinazionali estere nelle regioni del Mezzogiorno in termini di quota di valore aggiunto prodotto sul totale delle unità locali di multinazionali estere. Tuttavia in regioni come l’Abruzzo e la Sardegna le unità locali di multinazionali estere generano quote di valore aggiunto delle rispettive economie regionali pari rispettivamente al 10,7 e al 9,9%.

Considerando il solo settore industriale, le unità di multinazionali estere localizzate nel Lazio e in Piemonte producono un valore aggiunto che supera per entrambe il 18% del valore aggiunto regionale dell’industria. Segue la Liguria con 17,2%, la Lombardia (15,6%), l’Abruzzo (14,7%) e la Toscana (14,2%).

Nei servizi, le unità locali di multinazionali estere della Lombardia generano oltre un quarto del valore aggiunto regionale, quelle del Lazio il 21,7% e quelle della Liguria il 20,2%.
Le unità locali di gruppi multinazionali italiani, pari all’1,1% del totale nazionale, forniscono un contributo di quasi il 21% al valore aggiunto dell’intera economia. Le regioni che più contribuiscono a tale risultato sono la Lombardia con il 25,2% di valore aggiunto del totale prodotto dai gruppi multinazionali italiani, l’Emilia-Romagna con il 13% e il Lazio con il 10,7% .

Anche in questo caso sono molto contenute le quote del Mezzogiorno sull’intera economia, ma è interessante l’analisi regionale. In Basilicata, dove è nota la presenza di gruppi multinazionali italiani, il valore aggiunto prodotto dalle unità locali di imprese multinazionali italiane supera il 28% del totale regionale, quota che raggiunge il 45% nel settore industriale.

In Liguria unità locali più grandi di multinazionali estere, italiane in Basilicata

La differenza strutturale tra imprese di gruppi multinazionali e imprese non internazionalizzate è confermata a livello territoriale dall’analisi per unità locale.
Le unità locali di multinazionali sia estere sia italiane sono più grandi in ogni regione, caratteristica che assume forme ancora più nette in alcuni territori. Per le multinazionali estere, la regione che registra la maggiore differenziazione è la Liguria (quasi 46 addetti delle multinazionali estere rispetto a 2,8 addetti delle imprese domestiche), dove è nota la presenza di multinazionali attive nel settore del trasporto marittimo e nella fabbricazione di altri mezzi di trasporto.

Da segnalare nel Mezzogiorno l’Abruzzo (32,8 addetti rispetto a 2,8) in cui sono presenti multinazionali attive nella fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi e nel settore tessile, e la Puglia (27 addetti rispetto a 2,8) con importanti presenze nel settore farmaceutico e nella fabbricazione di mezzi di trasporto.

Per le multinazionali Italiane, la Basilicata, con oltre 70 addetti, presenta la dimensione media maggiore (24,8 addetti per le unità locali di multinazionali estere e 2,7 addetti per le imprese non internazionalizzate).

Il costo del lavoro pro-capite delle unità locali delle multinazionali estere e italiane è superiore a quello delle imprese domestiche in ogni regione. La regione in cui il costo del lavoro pro-capite presenta valori più elevati è la Lombardia (61mila euro) mentre il costo del lavoro pro-capite più basso e prossimo a quello delle imprese non internazionalizzate si registra in Liguria (33,9mila euro).

Per le unità di gruppi multinazionali italiani, il Lazio è la regione con retribuzione media più alta (58mila euro), la Calabria quella con il livello più basso (38,4mila euro).
Anche la produttività del lavoro delle unità locali delle multinazionali italiane ed estere è mediamente più elevata rispetto a quella delle restanti unità locali. Il Lazio è la regione in cui i livelli di produttività sono più elevati (121mila euro per le estere, 124mila per le italiane), superiori di oltre 3,5 volte a quelli delle unità locali di imprese nazionali (34mila euro per addetto) .

Segue la Lombardia, con quasi 103mila euro per la produttività delle unità locali di gruppi esteri e quasi 102mila per i gruppi multinazionali italiani, che tuttavia ha un differenziale ridotto con le imprese domestiche, la cui produttività è pari a 45mila euro. Risultato confermato in tutte le regioni del Nord Italia e accentuato nella Provincia di Bolzano dove si riscontrano i valori più vicini: quasi 79mila euro per i gruppi esteri, quasi 83mila per le multinazionali italiane e quasi 55mila per le unità locali di imprese non internazionalizzate.

Da segnalare, viceversa, il differenziale positivo della produttività nella maggior parte delle regioni del Mezzogiorno a favore delle unità locali di multinazionali italiane. In Puglia quasi 96mila euro rispetto a 27mila, in Calabria 86mila rispetto a 25mila, in Sicilia 90mila rispetto a 27mila e in Sardegna quasi 109mila rispetto a 28mila.